
Mi sento chiedere spesso, durante i colloqui con chi è interessato alla stampante 3D industriale, se le nostre sono stampanti 3D professionali o industriali. Vorrei, quindi, fare chiarezza sull’argomento per poi farvi un esempio di una stampante 3D che, come da scopo dell’articolo, può essere definita una stampante 3D industriale.
Stampante 3D industriale o professionale
Fermo restando che siamo in grado tutti di capire la differenza tra professionale, per i professionisti, e industriale, per l’industria, è bene non perderci in artifizi semantici e non abusare di retorica: una stampante 3D può essere allo stesso tempo professionale e industriale, adatta per i professionisti dell’industria e, aiuto, ideale per l’industria dei professionisti.
Per evitare che la mia maestra di italiano non mi rivolga più la parola, torno serio: una stampante 3D può essere allo stesso tempo professionale e industriale, ma c’è da dire che se non è industriale non può essere così professionale, e che se non è professionale, allora, figurati se può andar bene per l’industria.
Intanto, possiamo cominciare col chiarire una volta per tutte che la stampante 3D industriale ha delle caratteristiche che le permettono di definirsi tale:
- garanzia di ore di lavorazione senza interruzioni, o ridotte al minimo;
- realizzazione di parti durevoli e non soggette all’incuria del tempo;
- funzionalità specifiche della macchina a garanzia del rispetto di certe soglie di qualità.

Detto in parole povere, una stampante 3D industriale appartiene a una categoria di stampanti 3D che va incontro alle esigenze, sempre molto stringenti, di chi produce.
I materiali di una stampante 3D industriale
La qualità dei prodotti si è sempre misurata con i livelli di finitura, di accuratezza e di resistenza che questi hanno una volta usciti dalla produzione. Se un materiale utilizzato dalla stampante 3D si deturpa col passare del tempo a causa dell’esposizione alla luce (vedi l’ABS), questo materiale sarà super adatto per fare un prototipo di ciò che verrà prodotto, non certo per essere inserito, come parte funzionale, come mano di presa robot costretta a continue e cicliche sollecitazioni.
Le stampanti 3D che fanno prototipi o parti finali con livelli di resistenza meccanica al di sotto di una certa soglia, non potranno essere definite prettamente “industriali” perché nel settore dell’industria manifatturiera, dove le lavorazioni meccaniche sono continue e le parti utilizzate devono resistere a certi carichi, si è poco “tolleranti” con le parti poco resistenti.
Alluminio, il materiale più usato
Un esempio ci può correre in aiuto. Dovete sapere che prima dell’avvento delle stampanti 3D industriali, il materiale che veniva utilizzato di più per realizzare parti funzionali o attrezzature di produzione era (ed è ancor oggi) l’alluminio.

L’alluminio, nell’industria manifatturiera, viene utilizzato per realizzare posaggi, ganasce, calibri di controllo, dime, griffe, ruote dentate, mani di presa, sistemi di presa a vuoto. E ancora, valvole, maschere di saldatura, alloggiamenti, flange, fixture, ecc… Potrei andare avanti ancora un paragrafo, ma sono sicuro di aver espresso il concetto: possono essere tantissimi gli usi dell’alluminio in un’industria.
Bene. Capite, quindi, che se un pezzo stampato in 3D varca le soglie di uno stabilimento produttivo per sostituirsi all’alluminio è perché questo pezzo ha superato varie prove di resistenza meccanica allo stress a cui verrebbe sottoposto durante i cicli di lavorazione. Ogni stabilimento produttivo può avere la necessità di fare alcuni o, magari, tutti i test di resistenza meccanica.
Test di resistenza a:
- Trazione
- Compressione
- Torsione
- Flessione
- Taglio
- Prova di durezza
Come vedete, solo parlando di prove di resistenza meccanica i criteri per la validazione di un componente sono tanti. Non sto qui a elencare tutti i test che un’azienda può mettere a disposizione (da quelli chimici, termici, ecc…). Possiamo, però, trarre una prima conclusione: una parte stampata in 3D può essere utilizzata come parte funzionale in uno stabilimento produttivo solo se questa si avvicina o, ancor meglio, supera la duttilità e le proprietà di resistenza meccanica che ha l’alluminio.
Tecnopolimeri: i polimeri rinforzati nella stampa 3D
Se, quindi, i criteri per definire una stampante 3D come industriale sono molto severi e stringenti, non è facile trovare sul mercato tante stampanti 3D che li rispettino. Le stampanti 3D che possono definirsi industriali sono poche: in questo gruppo rientrano tutte quelle stampanti che producono tecnopolimeri. Cosa sono i tecnopolimeri? Sono polimeri che hanno caratteristiche di resistenza tali da consentire il loro impiego in sostituzione dei metalli. Le parti in composito rinforzate con la fibra (meglio se fibra continua) sono dei tecnopolimeri.
Sul mercato, si trovano ormai tante case produttrici che stampano tecnopolimeri, che non sono altro che parti di materiale plastico con, annegata all’interno, della fibra sotto forma di microparticelle di fibra di carbonio (materiale composito). La Stratasys, per esempio, ha un composito formato da PA, cioè Nylon, con frammenti di fibra di carbonio. Il materiale prodotto, quindi, in questo caso rientra tra quelli adatti all’industria manifatturiera perché realizza parti più resistenti dell’ABS e del PLA.
Nonostante questo, le aziende che fanno produzione, come dicevo, hanno criteri molto stringenti e severi per i materiali con cui lavorano. E se vuoi convincere un’azienda a non usare l’alluminio, allora devi dimostrargli che il materiale composito rinforzato con la fibra di carbonio si comporta come e addirittura meglio. Ci sono varie tipologie, però, di composito rinforzato. Scopriremo che Stratasys non è la casa produttrice che crea quelli più resistenti e adatti alle aziende che fanno produzione.
Differenza tra fibra continua (o lunga) e fibra corta
I tecnopolimeri prodotti dalla casa produttrice citata più sopra hanno il rinforzo in fibra corta. Per capirci meglio, i tecnopolimeri Stratasys hanno piccoli frammenti di fibra di carbonio annegati nella matrice in nylon.

Sapete che differenza c’è tra un materiale composito rinforzato con fibra lunga (o continua) e uno con fibra corta? C’è una netta differenza, che si rivela fondamentale quando si parla di parti per le officine meccaniche o reparti di utensileria di un’industria. Per venirci in aiuto, ricorrerò a un esempio che rubo a un caro collega, Fabio Bertoldo: pensate a un wafer, composto da più cialde una sopra l’altra, molto friabili e leggere, e dal cioccolato spalmato su ognuna di esse. Se prendete il wafer tutto insieme, questo sarà stabile e si romperà solo se viene esercitata una certa forza. Se la cialda, però, invece che per intero, fosse messa a frammenti, il wafer risulterebbe molto più fragile e la forza da esercitare per spezzarlo sarebbe molto più piccola.

La fibra continua è come il wafer disposto per l’intera lunghezza a disposizione senza interruzioni e, quindi, in maniera continua.
La stampante 3D industriale per eccellenza
Tornando alla stampa 3D, l’unica stampante 3D industriale esistente nel mercato che ha il brevetto per stampare parti in polimero rinforzate in fibra continua è Markforged. La stampante 3D industriale per eccellenza si chiama X7.

Questa stampante 3D realizza parti in Onyx (PA6 + microparticelle di carbonio, un composito di per sé già più resistente dell’ABS) rinforzate con fibra lunga di Carbonio, Vetro, Vetro HSHT e Kevlar. Le altre case produttrici, non potendo usare i brevetti sulla fibra continua hanno cercato di correre ai ripari inserendo, appunto, dei frammenti di fibra di carbonio (vedi quanto si diceva sopra riguardo a Stratasys).

Come abbiamo visto in precedenza, però, il materiale composito delle stampanti Markforged è già di per sé un materiale rinforzato. E’, infatti, costituito da PA + microparticelle di fibra di carbonio. Immaginate da soli, quindi, quanto possa aumentare la resistenza a trazione di questo materiale dopo che viene ulteriormente rinforzato con la fibra continua di Carbonio, Vetro o Kevlar.
Per maggiori informazioni sui materiali compositi di Markforged e su tutte le applicazioni rivolte all’industria manifatturiera vi lascio il link dell’unico distributore dedicato al 100% a Markforged, la 3D Company di Torino.